La campagna del NO all’estero

Accade sempre più spesso, ora che si è entrati nel vivo della campagna referendaria.

Durante una delle tante distribuzioni dei volantini per sostenere le ragioni del No, qualcuno non prende il volantino, ma a bassa voce e con fare circospetto ti dice “non lo posso dire in pubblico, sai questi renziani sono un po’ vendicativi, ma io voterò no al referendum, grazie per il vostro lavoro”. E si allontana frettolosamente per non destare sospetti.

La campagna per il referendum costituzionale entra nel vivo anche per gli italiani all’estero.

Mentre i sostenitori del Si contano soprattutto sulle risorse dei senatori e deputati eletti all’estero, con staff al seguito, i sostenitori del No stanno facendo una campagna meno nota alle agenzie di stampa, ma più molecolare: piccoli incontri, volantinaggi nei luoghi di ritrovo degli italiani, passaparola tra amici e conoscenti. Il tutto molto informale, vecchio stile, per far sì che anche chi è contrario alla riforma possa, senza clamori, esprimere il proprio dissenso.

Le schermaglie proseguono senza sosta anche sui social network, registrando una forte attivismo dei deputati eletti all’estero, seguite dalle risposte, quasi sempre centrate, degli illustri sconosciuti sostenitori del NO.

Singoli membri di molti patronati, stanno via via prendendo posizione per il NO, anche pubblicamente, suscitando notevoli dibattiti nell’emigrazione meno recente.

E’ chiaro che le modifiche costituzionali avranno un impatto negativo anche per gli emigrati: a fronte di un aumento dell’emigrazione si riduce la rappresentanza in parlamento – eliminati i senatori – e se venisse confermato l’italicum , gli italiani all’estero non potrebbero partecipare all’eventuale ballottaggio per la Camera dei deputati. Parliamo di una platea superiore ai quattro milioni di elettori, come la Puglia o l’Emilia – Romagna.

Una buona prova la stanno dando molti Comitati degli Italiani all’Estero, che stanno tentando di promuovere confronti tra le ragioni del Si e del NO, tranne quelli di ferrea obbedienza renziana, che per semplicità spesso neanche informano adeguatamente.

Un’altra cosa che si evince chiaramente è che questa riforma e la campagna conseguente, sta spaccando profondamente la comunità emigrata. Sta alzando muri e non creando ponti. Indipendentemente dal risultato del referendum, difficilmente il clima di collaborazione molto avanzato tra le realtà associative, politiche e sociali di diversa provenienza e storia potrà tornare a un livello ottimale, almeno a breve. Con grave danno per tutta la comunità.

Chi mette in discussione l’infallibilità del premier Renzi viene considerato un traditore e quindi messo ai margini. Anche se iscritto al Partito Democratico.

Due gli argomenti più curiosi utilizzati dai sostenitori del SI: la mancanza di alternative a questa riforma, come se fosse importante fare comunque una riforma, bella o brutta che sia, che ricorda molto la febbre del fare di berlusconiana memoria.

L’altra è l’accusa di conservatorismo ai sostenitori del NO.

Francamente, se essere conservatori significa non sottostare ai diktat di una banca d’affari che dichiarava qualche anno fa che le costituzioni approvate dopo la seconda guerra mondiale erano troppo antifasciste e garantivano troppa democrazia, e che vanno modificate perché non consentono il pieno controllo esterno dei parlamenti, vuol dire che lo saremo.

Se essere conservatori vuol dire applicare in pieno i dettami della Costituzione per far progredire e sviluppare in modo armonico l’Italia, mettendo al centro i diritti sociali, vuol dire che lo saremo.

Noi non crediamo proprio che possa chiamarsi innovatore chi riduce gli spazi di democrazia, distrugge la scuola pubblica e precarizza la vita di milioni di persone, riducendo i diritti dei lavoratori.

Cari compagni, per anni ci avete detto di “non voler morire democristiani”, ma votando sì a questa riforma ci vivrete da democristiani, altro che non morirci. Tra un ponte sullo stretto di Messina e un tweet.